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E chi non ce l’ha???
Google: lavorare meno per vivere meglio
Il cofondatore Larry Page: essere impegnati senza sosta rovina l’esistenza, per essere felici bisogna essere vicini alla famiglia e poter coltivare i propri interessi
Larry Page (sinistra) e Sergey Brin (destra), i due fondatori di Google
Lavorare meno per vivere meglio: questa la ricetta della felicità per Larry Page, numero uno di Google, che si schiera tra coloro che chiedono una riduzione dell’orario di lavoro settimanale di quaranta ore.
Il co-fondatore del colosso di Mountain View non ha dubbi: essere impegnati senza sosta rovina la vita. «Se si pensa alle cose di cui si ha bisogno per essere felici, gli antropologi hanno identificato casa, sicurezza e opportunità per i figli. Non è difficile per noi provvedere a queste cose», ha argomentato Page. Aggiungendo che «l’idea che tutti debbano lavorare freneticamente per soddisfare le esigenze delle persone è semplicemente non vera».
Non è il solo tra i leader della Silicon Valley e del mondo del business ad appoggiare questa teoria. Prima di lui, ad esempio, un’altra icona come il magnate inglese Richard Branson, che ha a lungo sostenuto l’utilità del lavoro part-time, che a suo dire porta benefici a chi lavora, ma anche all’impresa e alla società. Ricordando la filosofia di Branson, Page ha sottolineato come l’uomo d’affari britannico «ha cercato di convincere i datori di lavoro ad assumere due persone a tempo parziale invece di una a tempo pieno, in modo da aiutare i giovani ad avere un’occupazione».
«Se chiedessi ai dipendenti `vorreste una settimana di vacanze extra oppure una settimana lavorativa di quattro giorni?´, il 100 per cento delle persone alzerebbe la mano», ha affermato Page, spiegando che la maggior parte delle persone ama lavorare, ma ama anche avere più tempo per la famiglia o per i propri interessi. Per lui, il problema si potrebbe quindi risolvere trovando un modo coordinato per ridurre la settimana lavorativa.
Certo, per i critici si tratta di un’idea più semplice da sostenere per una persona come Page, che vale circa 32,7 miliardi di dollari, rispetto ai comuni mortali che lottano per arrivare alla fine del mese. L’aspetto meno chiaro del piano `made in Google´ per l’occupazione, infatti, è proprio quello relativo ai salari, in quanto non spiega quali potrebbero essere le conseguenze economiche per i dipendenti.
Naturalmente il piano funzionerebbe solo se si pagassero ai dipendenti stipendi uguali o superiori pur lavorando meno ore. Un’ipotesi che secondo diversi osservatori rimane per ora piuttosto remota, se si pensa all’acceso dibattito in corso negli Stati Uniti per alzare il salario orario minimo.
Ikea
Oggi sono stato all’Ikea. Devo congratularmi con la genialità e la capacità imprenditoriale di questi svedesi.
E’ indubbio che riescono ad attirare una massa i persone non indifferente. Se contiamo che oggi domenica 14 Agosto si faceva fatica a trovare posto in parcheggio e che tutti quelli che c’erano là se ne sono usciti con la loro bella borsina piena di qualche cosa, c’è da dire che la crisi per Ikea non è una parola attuale.
Però questo mi ha fatto riflettere, magari diciamo non moltissimo ma abbastanza.
Mi sono sentito un po’ come un numero tra tutti quei prodotti
molti dei quali made in China o paesi satellite, tutti ben allineati a costo irrisorio se vogliamo.
Una genialità produttiva che però va a togliere produzione e ricchezza a quei paesi che poi consumano i cosidetti prodotti economici di Ikea.
Si perché la sedia che ho preso da 34,95 e badate bene la sottile psicologia dei prezzi, (non 35,00 ma qual cosina meno) è sì un prodotto che magari costa poco e utilizzerò per il tempo che dura, ma per produrla Ikea ha fatto lavorare un cinese, e non un italiano, che così facendo non ha guadagnato i suoi miseri euro, ma se li và a spendere da Ikea che li trasferisce o li ha spesi in Cina, arricchendo loro ed impoverendo il nostro paese. Che sarà sempre più un paese di “poveri” consumatori, invece che di “sfruttati” lavoratori.
E si perché se a noi ci si dice che dobbiamo lavorare qualche ora in più, intervengono un sacco di forze che alla fine danno la colpa a questo o a quello, e non va mai bene quello che si fa, invece altrove alle multinazionali è permesso un po’ quello che vogliono, tanto fanno lavorare e arricchiscono, fanno PIL, e crescita.
Non credevo di trovarmi a sostenere una determinata tendenza, ma forse mi devo ricredere, siamo un po’ tutti come i martelli dei Pink Floyd, tutti ben indirizzati a fare le nostre scelte ben differenziate entro i canoni che ci hanno studiato.
Siamo tutti liberi di montare una delle migliaia di soluzioni di antina colorata alla nostra bella libreria, e se poi non ci riusciamo basta uno squillo e ci sarà sempre un call center che saprà dirci che non siamo abbastanza uniformati con le istruzioni da capire come si fa.
Buon montaggio a tutti, Fa.
Fuori dal Coro
E’ sempre così,
vorrei ma mi rendo conto che non ci riesco.
Spesso sempre, vorrei sentirmi diverso,
non essere quello che come tutti compra da Ikea,
che mangia da Mc Donalds, che segue il gregge.
Vorrei pensare da solo, vorrei fare scelte mie, andare contro corrente.
Fare scelte fuori dal coro….ma poi che succede?
Facciamo scelte che altri cori hanno pensato per noi,
scelte contro una corrente, ma che inevitabilmente andranno
nella direzione dell’altra forte e potente corrente.
Forse, anzi ne sono sicuro, una sarà la mia
vera scelta fuori dal coro…
così come nel venire, sarà anche il dipartire dal
palcoscenico della vita, una scelta solitaria,
la vera scelta fuori dal Coro.
Un bacio a tutti, Fa.
Lavoro
Ferie…
ecco come sono iniziate,
così piano piano
sfumano, e si
ritorna alle quotidiane
fatiche del
lavoro.